Tutti i movimenti che compiamo hanno uno scopo, sono finalizzati a raggiungere un obiettivo e a consentirci di interagire con l’ambiente e con le persone. Ci sono movimenti uguali, che dipendono dalla contrazione degli stessi muscoli, che hanno la stessa “forma”, ma che hanno scopi diversi: posso afferrare una mela per mangiarla oppure posso prendere un bicchiere per bere.
Nei due casi compio sostanzialmente movimenti simili, ma cambia lo scopo, il contesto, la motivazione, il bisogno. Fatta questa premessa guardiamo le cose dal punto di vista del cervello.
Il cervello è formato da miliardi di neuroni, alcuni di questi inviano gli impulsi, i comandi, ai nostri muscoli, (attraverso una serie di “stazioni” intermedie) che così si contraggono e ci fanno muovere. Ma se i movimento sono uguali, si eccitano sempre gli stessi neuroni del mio cervello?. Se premo il bottone del telecomando o se mi gratto, si attivano le stesse aree cerebrali motorie?; in fondo in entrambi i casi compio un movimento di flessione delle dita di una mano. Quali aree cerebrali si attivano? Le neuroscienze, grazie agli studi effettuati, confermano che anche se i movimenti che osserviamo sono sostanzialmente uguali, si attivano aree cerebrali diverse se gli scopi sono diversi: tanti gruppi di neuroni diversi o ancora meglio tante reti di neuroni diverse, quanti sono gli scopi. Nel nostro cervello, nella corteccia non sono rappresentati i movimenti in sè, cioè la flessione delle dita o la flesso estenzione dell'avambraccio sul braccio, ma gli scopi. Come sappiamo questo. Semplicemente guardando il cervello di una persona mentre compie queste azioni: c'è l'area cerebrale che si attiva alla vista della mela per svolgere l'azione di afferrarla per mangiarla e c'è un'altra area cerebrale che si attiva alla vista del bicchiere per svolgere l'azione del bere. Ovviamente è riduttivo guardare alle azioni solo in questi termini, perchè quando compiamo un'azione si attivano anche le aree cerebrali delle emozioni, lavora anche il cervelletto per la coordinazione dei movimenti, la corteccia occipitale deputata alla vista e poi c'è il lobo frontale che programma il nostro comportamento. Nel campo della riabilitazione quali sono le conseguenze? Se una persona non riesce a svolgere un dato movimento come ad esempio muovere la mano, se "guardo" dentro il suo cervello mentre gli chiedo di provare a muovere la mano senza uno scopo o se viene mobilizzata passivamente dal terapista, mi accorgo che praticamente non si ottiene una significativa attività del cervello che è la cosa che ci interessa, Ma se chiedo al paziente di svolgere lo stesso movimento, anche solo immaginando uno scopo, ecco che si accendono e scaricano i neuroni e posso ottenere un risultato migliore.
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