Il bambino che necessita di fare la riabilitazione in genere viene sottoposto a vari test e valutazioni.
Dalle valutazioni emerge un profilo fatto di numeri, descrizioni, grafici e tabelle.
Dopo le valutazioni si pongono gli obiettivi del trattamento. Nel tempo si fanno le verifiche e si pensano nuovi obiettivi.
Niente di nuovo.
In maniera più o meno coordinata e coerente gli sforzi vengono canalizzati al raggiungimento degli obiettivi.
Gli obiettivi a volte sono misurabili, verificabili, a volte sono espressi in modo generico.
Gli obiettivi pensati sono in genere incentrati sul bambino, sulle acquisizioni che deve ottenere, e poco sul contesto e sulle relazioni, dove ovviamente non c'è solo il bambino.
Cosa può succedere?
Guardiamo gli obiettivi, i comportamenti, i sintomi, i numeri, le attività, il setting, e ci perdiamo il bambino.
E' un attimo.
Non sentiamo e non vediamo il bambino dietro quel comportamento che osserviamo. Non sentiamo il desiderio che c'è dietro a quel dato comportamento perché guardiamo solo il comportamento.
Ci concentriamo sugli obiettivi perché devono essere raggiunti entro un dato periodo, come se dovessimo spuntare delle caselle vuote, e ci perdiamo il bambino.
Ci concentriamo sugli obiettivi da raggiungere come se dovessimo dimostrare qualcosa, e ci perdiamo il bambino.
Pensiamo che è necessario raggiungere quegli obiettivi perché il bambino possa cambiare e allora facciamo fare tanta terapia, e ci perdiamo il bambino.
Sentire il bambino è qualcosa che non si può descrivere con le parole, se ne può solo fare esperienza. L'esperienza non è fatta di parole, né di obiettivi. Quando siamo veramente liberi dagli obiettivi riusciamo a godere dell'esperienza del sentire il bambino.
E questa è la cosa più bella e più importante.
La riabilitazione e la neurologia dei bambini spiegata semplicemente.
Uso dei segni nell'autismo, alcune domande
Uno degli
obiettivi del trattamento dei bambini piccoli con autismo che non
hanno ancora sviluppato il linguaggio verbale, è quello di favorire,
per comunicare, l'utilizzo di modalità alternative.
Contestualmente,
se non è ancora presente, si cerca di far “nascere” nel bambino
anche l'intenzionalità comunicativa, attraverso il gioco e i suoi
interessi.
In estrema
sintesi, per modalità alternative vengono intesi i PECS e i segni
(gesti). I PECS sono delle figure che rappresentano in maniera chiara
oggetti e attività, mentre i segni sono gesti che possono richiamare
o meno nella “forma” un oggetto o l'attività richiesta.
Si cerca di
fornire al bambino uno “strumento” per comunicare, per aiutarlo
quindi a fare delle richieste, per rispondere a domande, per essere
più partecipe.
Il principio
semplice di fondo è che il bambino per fare una richiesta deve o
consegnare la figura (PECS) o riprodurre un gesto (Uso dei segni).
In
entrambi i casi c'è un percorso da affrontare, un insegnamento
mirato e strutturato, che tiene conto delle abilità del bambino, ma
soprattutto dei suoi interessi, della sua motivazione e del suo
contesto.
In entrambi
i casi non sarebbe assolutamente precluso lo sviluppo in futuro del
linguaggio verbale.
Nel caso in
cui il bambino piccolo non ha sviluppato il linguaggio verbale, ma
ripete qualche suono spontaneamente o su imitazione (vocalizzi o
“sillabe”), o produce in maniera più o meno chiara qualche
parola, occorre avviare comunque e subito una forma alternativa di
comunicazione?
Non è il
caso di insistere sull'imitazione di suoni o parole anziché optare
per una comunicazione alternativa?
O per dirla
meglio, non c'è il rischio che si dedichi più attenzione
all'imitazione di gesti e meno a quella di suoni e parole?
Se il
bambino riproduce un gesto, con più o meno aiuto da parte
dell'operatore, è possibile “pretendere” che ripeta oltre al
segno (il gesto) anche suoni o parole quando vuole fare una
richiesta?
Non si
rischia di confonderlo in questo modo?
Non c'è il
rischio che l'utilizzo del segno distolga l'operatore dai tentativi
di farsi guardare negli occhi e nella bocca per “modellare”
l'imitazione vocale?
E' possibile
avviare forme alternative di comunicazione senza la partecipazione e
la condivisione con la famiglia?
Siamo sempre
sicuri che è stato l'uso dei segni a elicitare il linguaggio
verbale, dal momento che il bambino viene continuamente stimolato in
ogni contesto sul piano verbale?
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