L'importanza dell'equipe riabilitativa.

Un bambino disabile cambia gli equilibri e le dinamiche consolidate all'interno della famiglia, e costringe tutti a un riadattamento. Per aiutare il bambino e la sua famiglia ci sono ruoli e competenze diverse: il terapista, lo psicologo, il medico, l'assistente sociale, l'educatore. I tempi e i modi di questo percorso di adattamento non sono pre stabiliti, pre confezionati. Ognuno in famiglia fa la sua parte nel modo migliore possibile. Qualcuno commette degli errori secondo il mio modo di vedere, ma gli stessi comportamenti sono considerati normali agli occhi di qualcun altro. Non c'è la verità. Ci sono dei bisogni, delle paure da accogliere senza giudicare.
Una mamma segue perfettamente le indicazioni fornite dalla terapista, un'altra mamma non lo fa. Ma la prima mamma cerca in modo particolare le prestazioni del figlio per ottenere gratificazioni e conferme al proprio ruolo di mamma, la seconda mamma sta cercando di capire cosa succede e ascolta e medita in silenzio. E allora qual è la verità?. Non esiste un comportamento giusto e uno sbagliato. Ci sono le situazioni e le persone con le loro emozioni da comprendere e accogliere, tutto il resto viene da se, perché le nostre aspettative, le nostre pretese, le nostre costrizioni non cambiano le persone. Le persone cambiano quando sono pronte e noi dobbiamo essere lì.

Il metodo Vojta "riconosce" il neonato?

Il neonato ruota il capo alla ricerca dello sguardo della madre e poi entrambi si scambiano sorrisi e vocalizzi. Il neonato imita la vostra faccia buffa o esprime disappunto se gli proponete ancora latte dopo una bella poppata. E presto si lascia consolare rannicchiandosi tra le vostre braccia rilassate, riuscendo a percepire l'intensità simile delle vostre carezze e della vostra voce. Riconosce il vostro volto e l'odore del latte della propria mamma. Riconosce visivamente tra più ciucci quello che ha tenuto in bocca. Sono alcune delle competenze osservate e studiate nel neonato. E chi ha figli sa di cosa sto parlando. Chi pratica il metodo Vojta con i bimbi piccoli che hanno un ritardo ha l'obiettivo di far apprendere dei movimenti attraverso delle manovre che evocano nel neonato dei movimenti riflessi. I riflessi sono dei movimenti inconsapevoli, sempre uguali, non volontari. Sembra in questo modo che venga proprio ignorata invece la natura intenzionale dei movimenti che può compiere il neonato, la loro carica affettiva e la loro natura relazionale. Il neonato nel suo sviluppo non trasforma riflessi in azioni, cioè movimenti finalizzati a raggiungere uno scopo. Neanche i cosiddetti riflessi arcaici sono dei veri riflessi, ma dei movimenti finalizzati: la marcia automatica per progredire nel canale del parto, il riflesso di prensione per "aggrapparsi" al cordone ombelicale, ecc. E nel caso di feti gemelli si sono osservati dei movimenti diversi, nuovi, nella forma se sono diretti a entrare in contatto con il fratellino.
Anche il movimento più semplice ha un fine: quando ancora è molto piccolo il neonato apre e chiude la mano se vede un oggetto, che solo dopo sarà in grado di afferrare. Si sta esercitando. E allora perché non tenere conto delle competenze del bambino per promuovere lo sviluppo psicomotorio? Perchè non tenere conto che ogni movimento serve a conoscere il mondo e a entrare in relazione, i movimenti non possono essere dei riflessi. Ma i bimbi con un grave ritardo si muovono poco, e non è facile interagire con loro. Ma le leggi che regolano l'apprendimento sono comunque le stesse: ho un oggetto che suscita un interesse e interagisco per conoscerlo, per giocarci adattando i movimenti, incorporando così nuovi schemi e nuove azioni.

Cosa insegnare al bambino con ritardo

I  bambini piccoli apprendono in modo spontaneo, cioè senza che ci preoccupiamo di insegnare loro le cose. Semplicemente imitano quello che vedono e che sentono,  e ripeteranno tutto ciò che suscita l’attenzione di genitori e compagni o che li gratifica. Ma ci sono altri bambini che per qualche difficoltà o perché presentano un ritardo dello sviluppo, hanno invece bisogno di un insegnamento mirato. E allora cosa insegniamo?. Su cosa si focalizza il nostro insegnamento?. Tutto dipende da ciò che il bambino fa e da ciò che è in grado di fare con il nostro aiuto, che può essere una spiegazione, una guida fisica (guidare le mani) o una dimostrazione. In questo caso si parla di abilità emergenti, potenzialità o area di sviluppo prossimale. Ed è sulle abilità emergenti che posso concentrare il mio insegnamento. Se il bambino riesce a colorare la palla solo con il mio aiuto, gradualmente andrò a ridurre il mio aiuto in modo che diventi autonomo a svolgere il compito.
E ciò che vado a proporre si colloca un po’ più avanti rispetto al livello attuale delle abilità del bambino. In molti casi il criterio per capire cosa proporre è il buon senso: se non copia una palla, non gli posso chiedere anche di copiare una lettera, perché è molto più difficile, se non sa denominare gli oggetti non gli chiederò di che colore sono, se non sta ancora seduto da solo non posso  metterlo in piedi, ecc. Quindi riepilogando consideriamo e insegniamo ciò che il bambino sa fare con un po’ di aiuto, tra le cose che si collocano un pò più avanti rispetto a quello che fa da solo. E poi consideriamo che il bambino può essere stanco, si può annoiare, o vuole stare con la sua mamma.

Il movimento è conoscenza.

Ci sono bambini con paralisi cerebrale infantile che vengono sottoposti a una serie di esercizi passivi, cioè esercizi in cui sono gli operatori che muovono ripetutamente le loro gambe, le mani, i piedi. Il bambino da solo non ci riesce. Come se il movimento indotto da altri potrebbe far superare nel bambino la sua paralisi. Lo so è una visione incompleta e riduttiva, ma se potessimo veramente vedere dentro il suo cervello in questi casi potremmo dire di non vedere assolutamente niente, perché non c'è partecipazione da parte del bambino. E non “vedere niente” significa che non stiamo attivando le aree cerebrali del movimento, della volontà, della percezione, (che è quello che servirebbe), anche se il movimento venisse ripetuto centinaia di volte. Cioè non stiamo riabilitando assolutamente niente.
Se invece chiedessimo allo stesso bambino di sentire e quindi di prestare attenzione a quello che gli faccio toccare, di descrivermelo, di sentire l'arto, di pensare a come risolvere un problema, naturalmente adattato al bambino.....allora in questi casi stiamo facendo esattamente quello che abbiamo sperimentato tutti e che sperimentiamo ogni volta che ci muoviamo: un movimento intenzionale, attento, finalizzato a raccogliere informazioni.  
Perché il movimento è conoscenza, e necessita di motivazione, di interesse, di partecipazione, ed è relazione con qualcuno o con qualcosa. 



Non puoi conoscere il tuo bambino su internet.

I bambini piccoli per la presenza di difficoltà dello sviluppo più o meno gravi, in seguito a visite e controlli, possono ricevere una qualche diagnosi. Quando la famiglia riceve questa diagnosi vuole capirci di più e in genere lo fa attraverso internet.  Alcuni genitori approfondiscono anche attraverso dei corsi o la lettura di libri. Sappiamo tutti che la diagnosi da sola non può mai riuscire a definire e a raccontare  il bambino che abbiamo visitato e con cui abbiamo giocato, e su internet non possiamo trovare la spiegazione di tutto, perché i bambini sono diversi e unici. E leggendo su forum e siti più o meno specializzati
cerchiamo tutto ciò che conferma la nostra visione del bambino. Inoltre a volte possiamo fare i conti con proposte e spiegazioni del problema diverse da quelle fornite dal medico che ha visitato il bambino. Ci sono tante domande che neanche sappiamo formulare bene o per cui non siamo ancora pronti a ricevere una risposta. Vorremmo conoscere il futuro, abbiamo delle aspettative,

Io da piccola ho usato il girello.

In un precedente post ho spiegato alcuni dei motivi per cui sconsigliamo l’uso del girello per i bambini. Quando lo spiego durante la visita mi rendo conto, il più delle volte, di incontrare qualche timida forma di resistenza. L’osservazione più comune che viene fatta dalle mamme è “la sorellina l’ha usato e non ha avuto nessun problema, così come io da piccolina”.  Riconosco che c’è indubbiamente una parte di verità, nessuno non ha camminato per colpa del girello, al massimo ha ritardato il cammino autonomo. Prima di camminare da solo il bambino esercita l’equilibrio con le mani e questo non lo sperimenta come dovrebbe se usa il girello, quindi potrebbe ritardare questa tappa motoria.
Quello che posso dire è che l’esperienza più “corretta” è quella di lasciare libero il bambino di sperimentare le proprie capacità, senza metterlo in piedi

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...