Le parole che utilizziamo per descrivere il bambino

F. è un bambino di 6 anni, frequenta l’ultimo anno di scuola materna, si muove in continuazione e passa da una cosa all’altra senza completare niente. Il suo linguaggio è in ritardo, non riesce a raccontare gli eventi della propria vita, produce frasi molto semplici, con alcune imprecisioni fonologiche. I pre requisiti della letto scrittura sono carenti, emergente la copia di figure, non scrive il suo nome spontaneamente, le competenze meta fonologiche di sintesi e analisi sillabica si attestano intorno al 10° centile. Le prestazioni di comprensione linguistica grammaticale e di vocabolario si attestano ad un livello di 4 anni e mezzo. La motricità fine non è adeguata, così come le prassie visuo costruttive, non riesce a riprodurre con i cubetti modelli quali il ponte o la scala. È presente impaccio motorio, non riesce ad acchiappare la palla, non riesce a saltare su un piede, l’equilibrio statico e dinamico è precario.

F. è un bambino di 6 anni, frequenta l’ultimo anno di scuola materna, è molto vivace, con mediazione e contenimento porta a termine semplici attività. Il linguaggio è migliorato, è discretamente intellegibile, produce frasi semplici spontaneamente, descrive semplici sequenze temporali, risponde a domande relative a situazioni personali. Alla valutazione dei  pre requisiti della letto scrittura si evidenzia: traccia e copia linee diversamente orientate, copia il suo nome, riesce nella sintesi e analisi sillabica di parole bisillabiche. Il vocabolario è migliorato, ha acquisito le principali categorie semantiche, comprende frasi con riferimenti spaziali. Relativamente alla motricità fine manipola materiale morbido, riproduce la torre con i cubetti e con mediazione “costruisce” il ponte. Per quanto riguarda la coordinazione motoria F. lancia la palla verso un bersaglio, accenna piccoli salti a piedi uniti, mantiene l’equilibrio su un piede per pochi secondi.   

Sono due descrizioni diverse che fanno riferimento allo stesso bambino: in un caso si descrive ciò che non fa, nel secondo ciò che fa. Le parole non possono mai pienamente descrivere la realtà, ma indubbiamente possono condizionare la nostra visione e i nostri giudizi: “si è migliorato, ma ancora non è in grado di …”.

Nel percorso di accettazione le parole che utilizziamo, sia che parliamo con il bambino che con i suoi genitori, possono essere d’aiuto.   


Le attività da fare insieme al bambino non cambiano, ma può cambiare il nostro approccio quando accettiamo la realtà, senza la pretesa che cambi. E la cosa bella è che più accettiamo la realtà e più questa cambia, soprattutto perché cambiamo noi e riusciamo a vedere ancora meglio il bello che c’è nel bambino, a prescindere dalle sue prestazioni.

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