Il bambino, quando è piccolo, apprende e fa tante
conquiste, in modo naturale, spontaneo, osservandoci e imitandoci. E quando
ripete qualcosa, un suono o un gesto viene tanto gratificato e allora ce lo
farà rivedere ancora tante volte perché a lui interessa la nostra reazione.
Siamo esseri sociali, siamo nati non per stare da soli, siamo interessati agli
altri e vogliamo stare con loro. La crescita cognitiva, affettiva e
relazionale, avviene in un clima di fiducia, di serenità, di approvazione, di
piacere.
Per questo motivo non possiamo pretendere che se un bambino sta male, se non è sereno, se addirittura piange, possa trovarsi in una condizione favorevole per apprendere.
Di questo si occupa la riabilitazione, di apprendimento.
L’apprendimento presuppone un’intenzionalità al cambiamento, un approccio verso qualcosa di nuovo.
E se questa situazione nuova è qualcosa non gradita al bambino o che lo fa stare male, scatta inevitabilmente un rifiuto e la situazione viene “registrata” nel cervello, grazie all’amigdala, come negativa e non viene favorito così l’apprendimento.
Gli atti che compiamo hanno anche una connotazione emotiva, relazionale, il riconoscimento delle persone e delle cose non è solo un atto cognitivo.
Ci sono dei bisogni che vengono prima di ogni altra cosa: sentirsi sicuri, protetti, sereni, stare bene.
Quando incontriamo il bambino per le prime volte, se questi bisogni vengono soddisfatti, il bambino si pone già in una situazione di apprendimento, perché comunque si relaziona con qualcosa di nuovo.
Se il bambino non vuole fare una determinata attività, chiediamoci prima se i suoi bisogni primari sono soddisfatti e poi facciamo in modo di fargliela desiderare, senza imposizioni.
Se l’emozione che il bambino prova è negativa non ci può essere per lui la voglia di continuare, la voglia di giocare, la voglia di impegnarsi e quindi di apprendere.
Per questo motivo non possiamo pretendere che se un bambino sta male, se non è sereno, se addirittura piange, possa trovarsi in una condizione favorevole per apprendere.
Di questo si occupa la riabilitazione, di apprendimento.
L’apprendimento presuppone un’intenzionalità al cambiamento, un approccio verso qualcosa di nuovo.
E se questa situazione nuova è qualcosa non gradita al bambino o che lo fa stare male, scatta inevitabilmente un rifiuto e la situazione viene “registrata” nel cervello, grazie all’amigdala, come negativa e non viene favorito così l’apprendimento.
Gli atti che compiamo hanno anche una connotazione emotiva, relazionale, il riconoscimento delle persone e delle cose non è solo un atto cognitivo.
Ci sono dei bisogni che vengono prima di ogni altra cosa: sentirsi sicuri, protetti, sereni, stare bene.
Quando incontriamo il bambino per le prime volte, se questi bisogni vengono soddisfatti, il bambino si pone già in una situazione di apprendimento, perché comunque si relaziona con qualcosa di nuovo.
Se il bambino non vuole fare una determinata attività, chiediamoci prima se i suoi bisogni primari sono soddisfatti e poi facciamo in modo di fargliela desiderare, senza imposizioni.
Se l’emozione che il bambino prova è negativa non ci può essere per lui la voglia di continuare, la voglia di giocare, la voglia di impegnarsi e quindi di apprendere.
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