Per capire non bastano le parole

Il nostro atteggiamento e il nostro comportamento cambiano a secondo del contesto in cui ci troviamo. Se siamo al supermercato o al cinema, o in ufficio, o dal dottore, usiamo espressioni verbali diverse e abbiamo diversi modi di comportarci, che sono legati a quel contesto, a una consuetudine, a una serie di pratiche sociali condivise.
Il linguaggio è solo un aspetto di queste attività sociali condivise e sia l’espressione che la comprensione sono influenzati dal contesto in cui ci troviamo.
Non ci sogneremmo mai di usare le stesse espressioni quando siamo a giocare a calcetto e quando siamo dal dottore.
Queste espressioni verbali sono capite “al volo” nel contesto in cui siamo, perché siamo già preparati, perché ci aspettiamo di sentirle, il loro significato dipende da un fare condiviso, non è intrinseco alle parole stesse, non può essere svincolato dal contesto.
Espressioni e comprensione delle parole, delle frasi, viaggiano così dentro un sentiero definito, condiviso, già percorso, per cui comprendiamo anche senza ascoltare del tutto e comprendiamo anche in base a ciò che vediamo. 

“il significato delle parole è fuori di noi”.

Questo è tanto vero che il mio cervello mi fa “sentire” ciò che mi aspetto di sentire, in quel momento, in quel contesto, anche quando invece viene detto qualcosa di diverso.

Oppure non “afferro al volo” un’espressione che fa parte decisamente del mio bagaglio lessicale, ma che in quel momento non mi aspetto proprio di sentire.
La nostra capacità di udire e comprendere le parole dipende, quindi, anche da quello che ci aspettiamo e da quello che vediamo.

Possiamo parlare di qualcosa anche senza conoscere le sue caratteristiche.

La competenza linguistica dipende dalla nostra pratica e dal nostro coinvolgimento nei contesti. Il significato non è intrinseco alle parole, ma alla pratica stessa, ad una consuetudine. Non so definire cosa è l’acqua, non so distinguerla da un altro liquido, ma la bevo, la uso per lavare e per cucinare.
È il mio rapporto con l’acqua che la rende quella cosa a cui ci riferiamo quando usiamo la parola acqua.

Possiamo usare delle parole nel linguaggio spontaneo senza conoscerne il significato, perché ci affidiamo inconsapevolmente ad un contesto in cui c’è chi ha tali conoscenze, per esempio posso parlare dell’ornitorinco

anche senza sapere cosa è, anche senza riuscire a distinguerlo, grazie al fatto di riuscire a partecipare a un contesto sociale condiviso, in cui c’è comunque qualcuno in grado di  distinguerlo, di conoscerlo.
Ancora una volta il significato delle parole è fuori di noi, sta nel mondo là fuori, sta in un contesto e in una pratica sociale condivisa.




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