L'autismo e le regole sociali

Giovanni è un bambino con un disturbo dello spettro autistico, frequenta la scuola elementare e ha sviluppato il linguaggio verbale. In classe a volte  lancia oggetti, sta in piedi sulle sedie, grida.
Se viene rimproverato è in grado di capire che ha sbagliato e chiede anche scusa.
Giovanni può avere difficoltà a controllare i suoi impulsi, a prevedere le conseguenze dei suoi comportamenti, o ancora a intuire la motivazione che sta alla base delle regole sociali.
In questi casi è sempre opportuno fare l’analisi dei comportamenti osservati per capire cosa eventualmente li può scatenare.
Ma si può pensare anche un lavoro “a tavolino” sulle regole sociali.
Diverse sono le modalità, ma in sostanza si ragiona sui comportamenti corretti e su quelli da evitare.
Ma quello che fa la differenza con bambini come Giovanni è che con questo lavoro le regole non sono più astratte, ma chiare, precise e soprattutto stabili. Perché ora vengono scritte o rappresentate visivamente. Un messaggio verbale dura un istante, un’immagine attaccata alla parete o al banco è stabile, costante.
Un generico “si rispettano le cose degli altri”, poco chiaro per Giovanni, si sostituisce nella sua mente l’immagine “non si lanciano le penne” con i relativi perché concreti, e così via.

Le persone autistiche ad alto funzionamento (Temple Grandin) ci hanno spiegato che i pensieri, gli oggetti, i sentimenti sono rappresentati nella loro mente sotto forma di immagini. Per questo motivo l’uso delle immagini favorisce l’interiorizzazione di una regola. L’immagine  è stabile, è sempre lì, non deve essere interpretata, è precisa e concreta, e può essere facilmente richiamata alla mente.



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