Il movimento è conoscenza.

Ci sono bambini con paralisi cerebrale infantile che vengono sottoposti a una serie di esercizi passivi, cioè esercizi in cui sono gli operatori che muovono ripetutamente le loro gambe, le mani, i piedi. Il bambino da solo non ci riesce. Come se il movimento indotto da altri potrebbe far superare nel bambino la sua paralisi. Lo so è una visione incompleta e riduttiva, ma se potessimo veramente vedere dentro il suo cervello in questi casi potremmo dire di non vedere assolutamente niente, perché non c'è partecipazione da parte del bambino. E non “vedere niente” significa che non stiamo attivando le aree cerebrali del movimento, della volontà, della percezione, (che è quello che servirebbe), anche se il movimento venisse ripetuto centinaia di volte. Cioè non stiamo riabilitando assolutamente niente.
Se invece chiedessimo allo stesso bambino di sentire e quindi di prestare attenzione a quello che gli faccio toccare, di descrivermelo, di sentire l'arto, di pensare a come risolvere un problema, naturalmente adattato al bambino.....allora in questi casi stiamo facendo esattamente quello che abbiamo sperimentato tutti e che sperimentiamo ogni volta che ci muoviamo: un movimento intenzionale, attento, finalizzato a raccogliere informazioni.  
Perché il movimento è conoscenza, e necessita di motivazione, di interesse, di partecipazione, ed è relazione con qualcuno o con qualcosa. 



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