Il metodo Vojta "riconosce" il neonato?

Il neonato ruota il capo alla ricerca dello sguardo della madre e poi entrambi si scambiano sorrisi e vocalizzi. Il neonato imita la vostra faccia buffa o esprime disappunto se gli proponete ancora latte dopo una bella poppata. E presto si lascia consolare rannicchiandosi tra le vostre braccia rilassate, riuscendo a percepire l'intensità simile delle vostre carezze e della vostra voce. Riconosce il vostro volto e l'odore del latte della propria mamma. Riconosce visivamente tra più ciucci quello che ha tenuto in bocca. Sono alcune delle competenze osservate e studiate nel neonato. E chi ha figli sa di cosa sto parlando. Chi pratica il metodo Vojta con i bimbi piccoli che hanno un ritardo ha l'obiettivo di far apprendere dei movimenti attraverso delle manovre che evocano nel neonato dei movimenti riflessi. I riflessi sono dei movimenti inconsapevoli, sempre uguali, non volontari. Sembra in questo modo che venga proprio ignorata invece la natura intenzionale dei movimenti che può compiere il neonato, la loro carica affettiva e la loro natura relazionale. Il neonato nel suo sviluppo non trasforma riflessi in azioni, cioè movimenti finalizzati a raggiungere uno scopo. Neanche i cosiddetti riflessi arcaici sono dei veri riflessi, ma dei movimenti finalizzati: la marcia automatica per progredire nel canale del parto, il riflesso di prensione per "aggrapparsi" al cordone ombelicale, ecc. E nel caso di feti gemelli si sono osservati dei movimenti diversi, nuovi, nella forma se sono diretti a entrare in contatto con il fratellino.
Anche il movimento più semplice ha un fine: quando ancora è molto piccolo il neonato apre e chiude la mano se vede un oggetto, che solo dopo sarà in grado di afferrare. Si sta esercitando. E allora perché non tenere conto delle competenze del bambino per promuovere lo sviluppo psicomotorio? Perchè non tenere conto che ogni movimento serve a conoscere il mondo e a entrare in relazione, i movimenti non possono essere dei riflessi. Ma i bimbi con un grave ritardo si muovono poco, e non è facile interagire con loro. Ma le leggi che regolano l'apprendimento sono comunque le stesse: ho un oggetto che suscita un interesse e interagisco per conoscerlo, per giocarci adattando i movimenti, incorporando così nuovi schemi e nuove azioni.

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