Ho
conosciuto e conosco tanti bambini intelligenti che hanno avuto e hanno importanti
difficoltà di linguaggio.
Ognuno ha
una sua storia, bella e unica.
Tra questi, chi in terza sezione della scuola
materna ha ancora un linguaggio con importanti difficoltà espressive o nella
formulazioni di frasi corrette e complete, incontrerà sicuramente difficoltà
con l’apprendimento della lettura e della scrittura. È una constatazione.
In questi casi è possibile fermare il bambino per un
altro anno alla scuola materna, per arrivare più pronto alla scuola elementare?
Cosa può succedere invece se non viene fermato? Viene “traumatizzato” dal fatto
di non poter seguire i suoi attuali compagni?
Ci sono in gioco diverse variabili.
Secondo alcuni, più spesso gli insegnanti, il
bambino deve andare avanti, perché è sveglio, è intelligente e copia bene.
Secondo altri, in genere gli specialisti, è opportuno fermarlo, perché si troverà
ad “inseguire” e spesso gli insegnanti non aspettano.
Quando il bambino viene esposto alle prime lettere,
per leggerle deve accedere ai
suoni della lingua che fatica ancora a pronunciare bene o che non erano
percepiti e pronunciati correttamente in passato.
E allora può accadere che al bambino vengono
presentate troppe lettere in poco tempo e non riesce a memorizzarle, o per ogni
lettera deve addirittura apprendere i 4 caratteri.
Non posso sapere cosa succederà, ma spesso, qualunque
decisione viene presa, è soprattutto l’atteggiamento di noi adulti che influenza il percorso
scolastico.
Il bambino
vive quello che vivono genitori e insegnanti.
Quando un bambino in prima elementare sbaglia le
doppie non stiamo nemmeno a sottolinearlo e il bambino prosegue tranquillo il
suo cammino scolastico, quando, invece, un bambino a natale non ricorda come si
leggono le lettere presentate, ecco che può nascere il problema.
Ripeto, il problema nasce a secondo di come viene
vissuta e interpretata dagli adulti la difficoltà del bambino.
Forse quando si è preparati (anche se non si può
essere mai del tutto preparati) si affronta con più serenità la situazione.
Noi adulti, in fondo, quando dobbiamo imparare a fare
qualcosa di nuovo e di difficile, ci prendiamo il tempo necessario, e comunque ci
stanchiamo, ci fermiamo, rimandiamo e poi riprendiamo. E ci arrabbiamo se
qualcuno ci fa notare che siamo lenti e ci disperiamo se ancora siamo gli
ultimi, se ancora non abbiamo imparato.
E allora, perché non concedere il tempo che serve
anche ai bambini?
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