Viviamo ogni giorno percorrendo
gli stessi sentieri conosciuti, dentro le nostre abitudini. Da quando ci
alziamo la mattina ripetiamo gli stessi comportamenti. Lo facciamo perché sappiamo cosa ci
aspetta e ciò ci rende più sicuri e tranquilli. Le situazioni nuove non le cerchiamo o
possiamo trovare delle scuse per evitarle, per non affrontarle. A volte invece, di fronte alle difficoltà, ci
impegniamo con determinazione, ma possiamo non arrivare dritto alla meta perché
non abbiamo programmato bene la strada o ancora dobbiamo semplicemente
aspettare. Quando i nostri bambini si trovano ad affrontare delle difficoltà di
apprendimento a scuola, iniziamo a studiare anche noi per cercare di capire
come aiutarli. Ecco la situazione nuova a scuola: il bambino viene accostato a
delle sigle come DSA o BES. Gli insegnanti iniziano a prendere consapevolezza
che effettivamente il bambino ha delle difficoltà, ma continuano a fare quello
che hanno sempre fatto, perché hanno 30 bambini e non “possono fare un programma
diverso per ciascuno”. Si trovano ad affrontare una situazione nuova: potrebbero
entusiasmarsi nel prendere in mano da protagonisti la didattica, modificandola
con creatività e adattandola per fare emergere il meglio, potrebbero accettare
la situazione senza attribuire responsabilità, o potrebbero pretendere di
continuare a fare quello che hanno sempre fatto. I genitori sperimentano in prima persona le
difficoltà del bambino, che nonostante studi non ottiene risultati. Iniziano a
sviluppare sensibilità e competenze. Toccano con mano. Capiscono ad esempio che
se leggono al bambino la storia, lui la comprende e la sa anche ripetere. E
allora iniziamo a spiegare le difficoltà alle insegnanti, cerchiamo con l’aiuto
di specialisti di sensibilizzare, presentiamo certificati, ma non otteniamo il
cambiamento che vorremmo. Qui sta il punto: possiamo essere artefici del
cambiamento nel momento in cui parte da noi, concretamente, e facciamo toccare con mano i benefici. Prima di
tutto nel bambino, concordando con lui ogni strategia che lo renda il più
autonomo possibile. Questo è il cambiamento: non aspettiamo che siano gli altri
ad adottare il nuovo approccio, le nuove strategie. Iniziamo noi, operatori e
genitori. Ci deve pur essere qualcuno che inizia. Non possiamo aspettare.
Semplicemente perché percorrendo la strada conosciuta stiamo andando a
sbattere: il bambino sta perdendo la voglia di studiare
, non apprende e noi
siamo stanchi di lottare. Io personalmente preferisco mangiarmi la torta già
pronta e che sia qualcun altro a prepararla, altrimenti ci rinuncio. Ecco
quello che voglio dire: portiamo tante belle torte pronte da assaggiare,
facciamo sentire che sono buone, perché la ricetta da sola non basta per
invogliare gli altri a prepararle.
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