Lettera di un genitore.

Quando mi comunichi la diagnosi, e mi spieghi cosa ha mio figlio, perché non parla, perché ancora non cammina, non lo fare solo in un incontro. Accompagnami in questo percorso di accettazione, di adattamento, io non ero pronto, mi ero immaginato un altro bambino. Dammi il tempo di cui ho bisogno. Non mi dare tutte le risposte, rispondi solo alle domande che ti pongo, per le altre ancora non sono pronto. Io ho bisogno di sperare. Non mi giudicare, io non sono un tecnico come chi ha studiato tanto per capire certe cose, non sono abituato a certi termini e non ne ho esperienza. E poi io dimentico e cancello alcune informazioni, aiutami a capire soprattutto nel momento in cui mio figlio non cammina o non parla come gli altri bambini. E non mi giudicare se voglio sentire altri pareri, perché ancora il dolore è vivo. E credimi quando ti racconto le cose belle che fa mio figlio, anche se a te non le ha fatte. Lo so dovrei capire in fretta per il bene del mio bambino, perché rischio di sbagliare o di chiedergli delle cose troppo difficili, ma ho bisogno ancora di tempo. E poi io sto iniziando a capire, spiegatelo alle insegnanti o ai miei parenti, che mi pressano in continuazione e hanno capito ancora meno di me. Accettami come sono e comprendimi. Lo so che sono diventato troppo protettivo nei confronti del mio bambino, ma lo vedo ancora debole e non tutti ancora hanno capito cosa ha, e lui non si fa capire bene. A volte ho paura di sbagliare ed è per questo che ancora non me ne occupo come vorresti. E allora ti chiedo di aiutarmi a trovare dentro di me le risorse e la forza necessarie, per tutto.

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