I viaggi della speranza.

Il bambino quando è nato ha avuto una grave sofferenza e ha subito dei danni cerebrali, per questo oggi presenta una forma di paralisi, cioè non è in grado di stare seduto da solo, non riesce a stare in piedi, non si muove, non afferra gli oggetti. E’ seguito presso un centro di riabilitazione dove effettua la fisioterapia. E’ in grado di raccontare qualche cosa e di esprimere i propri bisogni. I genitori non si arrendono a questa situazione e vanno in cerca di una soluzione. Hanno sentito parlare di un centro lontano all’avanguardia, dove seguono bambini come il loro. Dopo aver raccolto i soldi, arrivano in un centro bellissimo dove vengono accolti amorevolmente. E’ un contesto diverso, non familiare, ma poco importa. Ci sono tanti soldi da sborsare, ma anche questo non è importante perché i genitori hanno la speranza, anzi sono convinti che in quest’altro centro possono veramente aiutare il loro bambino. La prima cosa che viene detta con molta sicurezza è che loro hanno fatto camminare bambini anche più gravi. Quelli che dicono che il bambino va rispettato e accettato così com'è non capiscono proprio niente. Nel centro bellissimo viene sottoposto ad un trattamento intensivo con il metodo Doman, e ancora vengono proposti ripetuti esercizi passivi. Fisioterapisti che fanno muovere al bambino in continuazione gambe e braccia. Non è importante quello che sente o che prova il bambino, l’esercizio passivo secondo loro può far superare il danno cerebrale. E non importa che il metodo Doman fa parte della storia della medicina, nemmeno lo si studia più nelle scuole, perché è vecchio, superato e sconfessato dagli studi neuro scientifici.
E alla fine delle tre settimane il bambino è naturalmente migliorato, ma solo agli occhi di chi ha investito soldi e speranze. E se il bambino non continuerà a migliorare è perché gli altri non sono bravi abbastanza e non lo saranno mai a sufficienza.

Non riconoscere il miglioramento significherebbe accettare una realtà dolorosa. Significa capire che non è colpa di nessuno, che il bambino non deve essere il bambino che voglio io, lui è e basta, a prescindere da quello che fa o che non fa.

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