Oggi le sigle impazzano: BES, DSA, DSL ecc. Ma sono solo sigle o nascondono bambini e quindi alunni? Compresa la natura dei disturbi cosa devono fare gli insegnanti? Quali possono essere le aspettative dei genitori?
L’informazione corre più veloce della possibile rivisitazione del sistema scuola e a volte si ci domanda se è possibile far coesistere tanti metodi di apprendimento in una sola classe … secondo me si. Con questo non voglio dire che si devono moltiplicare le metodologie di insegnamento ma utilizzandone una che sia il più possibile utile a tutti, la didattica inclusiva.
Come fare? Come si farebbe in ogni “buona famiglia”, mi spiego con un esempio:
Pensiamo a tre bambini, in una stessa famiglia, seduti a tavola per pranzare ed alla loro mamma che ha preparato della pastasciutta. Ciascuno ha chiesto di variare il condimento: chi in bianco, chi al sugo, chi con il pesto. Stesso cibo presentato in tre modi differenti, ma sempre pasta asciutta rimane, magari la madre ha prestato attenzione alle esigenze di tutti: chi ha una intolleranza alimentare al pomodoro chi soffre momentaneamente di una indisposizione e così via.
Lo stesso può accadere nelle nostre classi, l’argomento è uguale per tutti, ma il docente ha cura di presentarlo in modo che sia “digeribile” per tutti.
Oggi la scuola è un ambiente molto spesso lontano da questa visione, dove l’uso della ripetizione è spesso strumento privilegiato per apprendere. Ci potremo domandare: e quindi?
Poniamo di voler insegnare a qualcuno a nuotare, diremo:
Entrati nel luogo in cui vi è una piscina ponetevi con i piedi paralleli al bordo di questa, flettete le gambe e vi date uno slancio in modo che il vostro corpo si ponga dalla posizione verticale, da testa in alto a testa in basso, ovviamente perpendicolare all'acqua. All’ingresso in acqua raggiungete la posizione orizzontale e sfruttando il principio euclideo eviterete di annegare. Muovete le braccia con ampie rotazioni in modo che il braccio sfiori il vostro orecchio, braccio desto orecchio destro, braccio sinistro orecchio sinistro e muoverete alternativamente le braccia. Evitare un'eccessiva rotazione del corpo, seguire una traiettoria corretta nella fase subacquea, coordinare correttamente le gambe e le braccia e rispettare i tempi della respirazione. La posizione del corpo deve essere orizzontale in modo da offrire la minore resistenza possibile all'avanzamento. La respirazione può essere eseguita sia a destra che a sinistra ogni quattro bracciate.
Dopo aver dato queste precise istruzioni chiederò di ripetere più volte il concetto fino a quando non lo abbaia perfettamente imparato e lo ripeta verbalmente senza commettere alcun errore. Ora il nostro alunno è ben istruito anche se non ha mai visto una piscina.
Fatto ciò lo porto al bordo di una piscina e dico: “tuffati e nuota”
….
Il concetto che deve restare centrale quando si insegna è: il modo di pensare del bambino Pensare a una rivoluzione pedagogia nella quale ci si dimentica del bambino non è solo assurda ma anche pericolosa. Ogni individuo compie uno sviluppo personale per il quale l’anticipo di tappe evolutive rischia di causare notevoli “danni”.
Pensiamo allo sviluppo corporeo dell’individuo. Al momento della nascita un bambino sarà lungo circa 50cm e a due anni la sua altezza sarà mediamente raddoppiata, questa prima fase si completerà intorno al sesto anno di vita. Questo ci fa comprendere come tutte le forze organiche della persona siano impegnate in uno sviluppo fisico prodigioso, e solo a sua conclusione inizia una emancipazione di certe forze organiche che lo dispone all’attività mentale. Anticipare processi simili, rischia di essere pericoloso.
Un riferimento alla nostra esperienza personale può rendere chiaro quanto accade. Dopo aver mangiato, gran parte delle forze organiche sono impegnate nel processo di digestione e un colpo di freddo o anche una intensa attività mentale accompagnata dalla tensione nervosa possono provocare un blocco intestinale, in quanto le forze dell’organismo sono state distolte. Allo stesso modo una applicazione mentale precoce, in una fase in cui le forze organiche sono impegnate in un altro processo possono provocare disturbi e disfunzioni alla crescita.
Intorno ai sei sette anni accresceranno le facoltà razionali e il bambino comincerà a considerare mentalmente un oggetto esterno anche senza averlo dinanzi a se.
I bambini che non hanno ancora raggiunto l’età dell’accrescimento delle facoltà razionali hanno un pensiero prevalentemente immaginativo, per ri-conoscere un oggetto è necessario che lo si faccia coincidere con una immagine mentale che sia identificabile con un oggetto della realtà percepita.
Se chiediamo a un bambino intorno ai quattro anni di prenderci un oggetto in una stanza vicino a quella da cui stiamo parlando, anche dando precise istruzioni come: “esci dalla stanza, imbocca il corridoio, conta tre porte e poi entra, sul tavolo vicino la finestra troverai un libro, prendi e portamelo” , probabilmente il bambino tornerà in lacrime perché si è perso prima di uscire dalla stanza. In quanto abbiamo parlato al bambino usando rappresentazioni astratte, ancora lontane dal suo pensiero immaginativo .
Chiedere ad un alunno di assolvere a richieste per le quali non ha ancora acquisito capacità e strutture mentali idonee è pericoloso, perché l’esperienza fallimentare rischia di far accresce il senso di inadeguatezza che lo penalizzerà in vari aspetti della propria vita.
I bambini nei primi anni di istruzione primaria dispongono di un pensiero immaginativo e molto spesso, senza cadere in banali semplificazioni, molti alunni con BES (Bisogni Educativi Speciali) tendono a utilizzare per un arco più lungo della propria vita una pensiero immaginativo.
Ancora un esempio sarà utile a rinforzare il concetto di pensiero immaginativo:
un giorno mi confrontavo con mia moglie, anche lei docente di sostegno, su come utilizzare alcuni giochi meta fonologici, intanto mio figlio di tre anni e sette mesi giocava sul tappeto intento a disegnare in una lavagnetta. Facendo un esempio a mia moglie di delezione di sillaba finale dissi:
«dimmi “SOLE” senza “LE”»
Mio figlio mi si avvicinò e mi mostrò nella sua lavagnetta un cerchio,
io chiesi: «cos’è?»
Mi rispose : «Sole senza raggi»
Compresi subito il suo ragionamento mentale, intuendo che si trattava di un sole a cui doveva mancare qualche cosa lui pensò di levare i raggi in quanto la sua raffigurazione del sole è un cerchio da cui ne partono delle linee che si chiamano raggi. Alla sua età non è in grado di giocare con le parole e separarne fonemi, è più intuitivo giocare con l’immagine.
Il bambino vede il mondo in modo diverso da come lo possono intendere gli adulti se due macchine si scontrano si sono fatte male, le nuvole corrono in cielo e il sole si alza al mattino e scende sul mare la sera o dietro la collina. Il suo è un Egocentrismo infantile che è psicologico «io sono al centro del mondo; egocentrismo culturale «ciò che piace a me, piace a tutti; egocentrismo nel rapporto con gli altri lui è al centro e sopravvaluta ciò che lui fa (non accetta regole nei giochi e rifiuta quelle degli altri) Egocentrismo percettivo.
Solo partendo da concetti del genere si può ripensare a una didattica che dia a tutti pari opportunità.
Ignazio Abbate Docente
Nessun commento:
Posta un commento