I bambini con disturbo dello
spettro autistico, almeno prima di iniziare un intervento riabilitativo, e
soprattutto quelli che non hanno ancora sviluppato un linguaggio verbale, hanno
difficoltà a comunicare i propri bisogni e i propri desideri. E per farlo
possono mettere in atto alcuni comportamenti diversi, problematici: gridare, buttare le cose, farsi del male, ecc..
Se ci pensate questi comportamenti hanno tutti le stesse funzioni: comunicare e ottenere qualcosa o evitarne un’altra, ottenere attenzione. Il bambino non è intenzionalmente aggressivo, non vuole prevaricare, non vuole deliberatamente piangere e urlare per infastidirci e stancarci. Lui vuole qualcosa, ma non sa ancora bene cosa fare per farcelo capire. A volte lo capiamo, ma pretendiamo comunque che si abitui rapidamente alle nostre richieste e abitudini. Inoltre il bambino ha fatto esperienza che attraverso questi comportamenti riesce a ottenere quello che vuole e quindi continuerà ad attuarli. Qualcuno prova a resistere e per questo lui è costretto ad alzare il livello del suo comportamento problematico. La soluzione è, per così dire, semplice: attuare un sistema di comunicazione che faccia capire al bambino quello che è il potere della comunicazione
e cioè che se faccio qualcosa che mi è stato insegnato ottengo
quello che voglio, e se non la posso avere subito capisco che la potrò avere più
tardi. La comunicazione è tale se utilizza parole, gesti, immagini che siano
condivise, capite dal bambino e da tutti quelli che interagiscono con lui: i
genitori, i fratelli, i compagni di classe, i terapisti, i parenti, il
fruttivendolo, ecc. Ogni bambino ha il suo sistema di comunicazione adattato
alle sue caratteristiche, alle sue abilità. Un sistema di comunicazione che mi consente di richiedere anche una
cosa che non è a portata di mano. Un sistema di comunicazione semplice, di facile accesso, non complicato. E gradualmente si riducono i comportamenti
problematici, perché non ne ha più bisogno. Lui ora è competente sul piano comunicativo. Ma la cosa più importante è non imporre una tecnica, un metodo,
un sistema di comunicazione al bambino. E’ lui e la sua famiglia che decidono
insieme il sistema più adatto, con i loro tempi.
Se ci pensate questi comportamenti hanno tutti le stesse funzioni: comunicare e ottenere qualcosa o evitarne un’altra, ottenere attenzione. Il bambino non è intenzionalmente aggressivo, non vuole prevaricare, non vuole deliberatamente piangere e urlare per infastidirci e stancarci. Lui vuole qualcosa, ma non sa ancora bene cosa fare per farcelo capire. A volte lo capiamo, ma pretendiamo comunque che si abitui rapidamente alle nostre richieste e abitudini. Inoltre il bambino ha fatto esperienza che attraverso questi comportamenti riesce a ottenere quello che vuole e quindi continuerà ad attuarli. Qualcuno prova a resistere e per questo lui è costretto ad alzare il livello del suo comportamento problematico. La soluzione è, per così dire, semplice: attuare un sistema di comunicazione che faccia capire al bambino quello che è il potere della comunicazione
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