Se lo prendi in braccio non lo vizi.

L'attaccamento è il legame affettivo, privilegiato che si stabilisce tra il bambino e chi si occupa di lui. Questo legame è finalizzato a far sentire sicuro e protetto il bambino, soprattutto in alcune situazioni: quando è stanco, quando ha fame, quando si trova ad affrontare situazioni nuove.
Il bambino fin dalla nascita fa l'esperienza che i suoi bisogni di contatto e di calore vengono soddisfatti, che i suoi stati di tensione vengono regolati grazie all'intervento tempestivo della madre. Progressivamente il bambino riesce a regolare la propria tensione, perché fa propria la regolazione esterna fornita dalla madre attraverso il contatto. E se ritorna a chiedere coccole e calore, non è certo una regressione o un ostacolo alla crescita dell'indipendenza. Il bambino che viene cullato e coccolato nelle situazioni in cui lo richiede cresce più sicuro di se nell'esplorare l'ambiente e nell'affrontare nuove situazioni sociali perché il suo bisogno di sicurezza è stato soddisfatto, e quindi diventa più sicuro e piange molto meno, contrariamente al "sentire comune". La madre vive uno stato di particolare sensibilità, per cui lei, meglio di chiunque altro riesce a leggere i bisogni del bambino e a sintonizzarsi con lui, quando piange, quando ha sonno, quando è stanco, quando ha fame, ecc.
Questa sintonizzazione viene realmente percepita dal bambino grazie al fatto che la madre con il suo comportamento riproduce alcune caratteristiche del comportamento osservato del bambino: ad esempio lo culla rispettando lo stesso ritmo del suo pianto o “allunga” lo sguardo e la voce quando il bambino si “allunga” nel tentativo di afferrare un oggetto. Questa sorta di imitazione fa capire al bimbo di essere capito dalla madre, ma distinto dalla madre, perché il comportamento osservato è simile ma non uguale. Ma la madre fa un'altra cosa fondamentale, cioè non si limita a riprodurre un comportamento, ma lo interpreta attribuendogli delle intenzioni o dei bisogni, e una soggettività di azione: “si lo so hai fame”, “hai sonno”, “sei triste”, “sei arrabbiato”. In questo modo contribuisce alla nascita psicologica del bambino, cioè di una persona che ha dei comportamenti causati da stati mentali e intenzioni. Questo gli consente di essere competente nelle relazioni perchè può capire cosa provano gli altri, perché lo prova anche lui, e comportarsi di conseguenza. 

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