La madre che allatta e il suo bambino (Winnicott)

In occasione della settimana mondiale dedicata all'allattamento al seno riporto le parole di Winnicott tratte da una conversazione radiofonica dedicata a un primo piano di una madre che allatta.


Quando vedo in che modo delicato una madre che non sia ansiosa gestisce la situazione sono sempre preso da meraviglia. Eccola lì che mette il bambino a suo agio, predisponendo un contesto situazionale in cui l’allattamento può avvenire, se tutto va bene. La situazione è parte di una relazione umana. Se l’allattamento è al seno, vediamo che la madre lascia al bambino, anche piccolissimo, le mani libere,
in modo che quando si scopre il seno possa sentire la pelle e il suo calore; non solo, ma la distanza fra il seno e il bambino è di una precisione millimetrica, perché il bambino ha a disposizione solo una piccola porzione del mondo per situare gli oggetti, quella porzione che può raggiungere con la bocca, le mani e gli occhi.
La madre gli permette di toccare col viso il suo seno. Da principio il bambino non sa nulla del fatto che il seno è parte della madre. Se il suo viso tocca il seno non sa se la piacevole sensazione nasce nel seno o nel viso stesso. Infatti gioca con le proprie guance e le gratta come se fossero il seno e c’è abbondanza di ragioni perché la madre gli consenta tutto il contatto che desidera. Non c’è dubbio che le sensazioni di un bambino a questo proposito siano molto acute e se sono acute possiamo star certi che sono importanti. Il bambino prima di tutto ha bisogno di queste esperienze piuttosto calme che sto descrivendo e ha bisogno di sentirsi tenuto con amore, cioè in modo vivo ma senza eccitazione, ansia e tensione. Questa è la situazione predisposta: prima o poi ci sarà un qualche contatto fra il capezzolo e la bocca del bambino. Non importa cosa succede esattamente. La madre è lì nella situazione e parte di essa, in particolare le piace l’intimità della relazione. Vi giunge senza idee preconcette su come dovrebbe comportarsi il bambino. Questo contatto del capezzolo con la sua bocca dà al bambino delle idee: “Forse c’è qualcosa lì fuori della bocca che vale la pena di andare a prendere”. La saliva comincia a scorrere; anzi può scorrerne tanta che il bambino si diverte a inghiottirla e per un po’ di tempo non ha quasi nemmeno bisogno di latte. Gradualmente la mamma mette il bambino in condizione di costruirsi nell’immaginazione esattamente quella cosa che ha da offrirgli e il bambino comincia ad esplorare con la bocca il capezzolo, arrivando con le gengive fino alla radice, lo morde e magari comincia a succhiare. E poi c’è una pausa: le gengive lasciano la presa sul capezzolo e il bambino si distoglie dalla scena dell’azione. L’idea del seno svanisce. Capite quanto è importante quest’ultimo elemento? Il bambino ha avuto un’idea, è arrivato il seno con il capezzolo ed è avvenuto un contatto. Poi il bambino ha lasciato cadere l’idea e si è distolto e il capezzolo è scomparso. Questo è uno dei modi più importanti in cui l’esperienza del bambino che stiamo descrivendo differisce da quella di un bambino collocato in un’istituzione piena di gente. In che modo reagisce la madre al gesto del bambino che si distoglie dal seno? A questo bambino non succederà che gli venga ricacciata una cosa in bocca  per rimettere in moto i movimenti di suzione: la madre capisce cosa sente il bambino, perché è viva e dotata di immaginazione. Aspetta. Nel corso di pochi minuti, o meno, il bambino si rivolge ancora una volta là dove la madre è rimasta tutto il tempo disposta a mettere il capezzolo e così avviene un nuovo contatto, proprio al momento giusto. Queste condizioni si ripetono una volta dopo l’altra e il bambino beve non da una cosa che contiene latte, ma da una proprietà personale prestata per un momento a una persona che sa cosa farne

4 commenti:

  1. Questa situazione idilliaca è bellissima, peccato che accada solo raramente nella realtà.
    La realtà più frequente è che il bambino sia piangente e disperato per quel fastidio (forse insopportabile) che lui ancora non sa riconoscere come "semplicemente" fame. E allora nel suo pianto disperato non sa che quel seno e quel capezzolo sono la soluzione al suo bisogno e nella disperazione si divincola e per riflesso istintivo si butta all'indietro allontanandosi dal seno e dalla madre.
    Inutile che la madre rimanga calma e serena ad aspettare che il bambino trovi la soluzione da solo. L'unica soluzione è (o almeno nel mio caso lo è stata) tenere la testa del bambino con fermezza vicina al capezzolo e infilarglielo in bocca mentre piange disperato e nel singulto dei singhiozzi sperare che per sbaglio inizi a succhiare.
    L'allattamento spesso è un momento poco idilliaco ma piuttosto carico di tensione ed aspettative da entrambe le parti.

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    1. Mi dispiace leggere che il ricordo dell'allattamento sia negativo. Purtroppo, spesso, si ignorano le prime avvisaglie di richiesta di nutrizione da parte del bambino, attaccandolo al seno solo quando i segnali sono chiari, lui ha molta fame ed è, di conseguenza, molto agitato

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  2. No, "avviene solo raramente nella realtà" é proprio scorretto.

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  3. Penso che anche nelle situazioni difficili descritte ci possano essere dei momenti in cui il bambino non si nutra solamente.

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