Uso dei segni nell'autismo, alcune domande

Uno degli obiettivi del trattamento dei bambini piccoli con autismo che non hanno ancora sviluppato il linguaggio verbale, è quello di favorire, per comunicare, l'utilizzo di modalità alternative.

Contestualmente, se non è ancora presente, si cerca di far “nascere” nel bambino anche l'intenzionalità comunicativa, attraverso il gioco e i suoi interessi.

In estrema sintesi, per modalità alternative vengono intesi i PECS e i segni (gesti). I PECS sono delle figure che rappresentano in maniera chiara oggetti e attività, mentre i segni sono gesti che possono richiamare o meno nella “forma” un oggetto o l'attività richiesta.

Si cerca di fornire al bambino uno “strumento” per comunicare, per aiutarlo quindi a fare delle richieste, per rispondere a domande, per essere più partecipe.

Il principio semplice di fondo è che il bambino per fare una richiesta deve o consegnare la figura (PECS) o riprodurre un gesto (Uso dei segni).


In entrambi i casi c'è un percorso da affrontare, un insegnamento mirato e strutturato, che tiene conto delle abilità del bambino, ma soprattutto dei suoi interessi, della sua motivazione e del suo contesto.

In entrambi i casi non sarebbe assolutamente precluso lo sviluppo in futuro del linguaggio verbale.

Nel caso in cui il bambino piccolo non ha sviluppato il linguaggio verbale, ma ripete qualche suono spontaneamente o su imitazione (vocalizzi o “sillabe”), o produce in maniera più o meno chiara qualche parola, occorre avviare comunque e subito una forma alternativa di comunicazione?
Non è il caso di insistere sull'imitazione di suoni o parole anziché optare per una comunicazione alternativa?
O per dirla meglio, non c'è il rischio che si dedichi più attenzione all'imitazione di gesti e meno a quella di suoni e parole?
Se il bambino riproduce un gesto, con più o meno aiuto da parte dell'operatore, è possibile “pretendere” che ripeta oltre al segno (il gesto) anche suoni o parole quando vuole fare una richiesta?
Non si rischia di confonderlo in questo modo?
Non c'è il rischio che l'utilizzo del segno distolga l'operatore dai tentativi di farsi guardare negli occhi e nella bocca per “modellare” l'imitazione vocale?
E' possibile avviare forme alternative di comunicazione senza la partecipazione e la condivisione con la famiglia?
Siamo sempre sicuri che è stato l'uso dei segni a elicitare il linguaggio verbale, dal momento che il bambino viene continuamente stimolato in ogni contesto sul piano verbale?








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