Siamo abituati a
descrivere e a valutare lo sviluppo del bambino piccolo attraverso le
sue “conquiste motorie” o addirittura attraverso i suoi riflessi:
tiene la testa dritta, ora sta seduto, fra poco impara a gattonare,
non ha le reazioni di equilibrio, si mette in piedi con l'appoggio,
finalmente cammina.
Per questo motivo quando
un bambino piccolo ha un ritardo possiamo focalizzare la nostra
attenzione sui movimenti e sugli aspetti motori dello sviluppo del
bambino. Magari ci possiamo trovare a stimolare un dato movimento o
un passaggio posturale nella speranza che venga acquisito, oppure
possiamo addirittura muovere direttamente noi gli arti del bambino.
Ma in realtà in cosa
consiste realmente il nostro intervento?
Se ci riflettiamo
qualunque movimento del bambino è un “incontro” con qualcuno,
con parti di se o con qualcosa. In questo incontro non c'è solo il
bambino che si muove, ma c'è anche l'oggetto toccato o la persona
che è toccata, c'è insomma un incontro. Quest'incontro è
un'esperienza unica e sempre diversa, che può avvenire grazie a una
spinta innata nel bambino e grazie alla nostra presenza.
Il “nostro
compito” è “semplicemente” quello di esserci, di essere
presenti nell'incontro. Non c'è il controllo del capo, non c'è lo
stare seduti, ecc, c'è sempre un incontro che avviene in situazioni
diverse o in posizioni diverse.
L'incontro non è
qualcosa che fa parte solo del bambino, non è un'esperienza che può
fare da solo. Per questo, non stimoliamo il controllo dei movimenti,
ma ci siamo perché il bambino possa sperimentare nuove forme di
incontro con noi e con il mondo, attraverso i sensi e i movimenti.
Il movimento non è lo
strumento che mi permette di fare una data esperienza, ma è esso
stesso parte dell'esperienza dell'incontro.
Il bambino vuole toccare
il giocattolo, poi dopo che lo ha afferrato lo lancia verso la mamma
e guarda la sua reazione: non parliamo di movimenti come aprire e chiudere la mano, ma di esperienza
di incontri ripetuti.
Guardare al bambino e al
suo sviluppo in questi termini mi permette di guardarlo in modo
diverso, di usare un linguaggio diverso o di avere anche un approccio
diverso.
L'obiettivo del nostro
intervento non è di tipo motorio, l'obbiettivo è “incontrarsi”,
“esserci”.
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