Il bimbo durante il parto
ha subito una lesione del plesso brachiale che ha determinato una
paralisi del braccio (“paralisi ostetrica”). La paralisi è
evidente. Durante un momento del trattamento riabilitativo la mamma è
colta da un senso di tristezza. Reazione normalissima, è il “suo”
bambino.
L'altro figlio della
signora di quasi 4 anni in qualche modo percepisce tale stato
d'animo: “Mamma perché sei triste?”, poi si ferma, aspetta di
essere guardato e continua “quando sarà grande lui calcia e io
paro”. Silenzio...
I bambini, ancora liberi
dai condizionamenti culturali, vivono la realtà per quella che è,
senza giudicarla, senza temere il dopo, senza desiderare altro, senza
guardare al passato. Vivono cioè il presente senza aggiungere
giudizi del tipo “non potrà..., non sarà..., ma perché
proprio a lui...se solo...deve imparare assolutamente a...”.
Il bambino non pensa che
il fratellino può soffrire per la sua paralisi, perché quando gli
fa le boccacce lui gli sorride e per questo continua a fargli le
smorfie, e non pensa ad altro. Lui la paralisi non la “vede”, lui
vede il bambino, semplicemente per come è, vede che non muove il
braccio e basta. Gioca con lui e non vede l'ora di poter giocare a
pallone con lui, che significa stare insieme senza alcun problema, e
se non saprà parare gli dirà di calciare per fare i gol che è
meglio.
Ancora è libero da
giudizi e da quei condizionamenti che ci portano ad essere
soddisfatti (solo) se otteniamo e se raggiungiamo determinati
obiettivi per noi e per gli altri.