L'asilo fa bene ai bambini autistici?

Il bimbo presenta un disturbo dello spettro autistico, per cui consigliano alla mamma di inserire il figlio all'asilo per favorire lo sviluppo del linguaggio. Il bambino non ha ancora 3 anni e si “relaziona” solo con mamma e papà. Quando vuole qualcosa trascina i genitori o saltella davanti la cosa desiderata. Non parla, qualche volta ripete dei suoni o dei pezzetti di parole. Se si cerca di richiamare la sua attenzione su un oggetto lui tende a guardare da un'altra parte o continua con il suo gioco. Con le bolle di sapone si riesce a catturare la sua attenzione e ad ottenere uno scambio di sguardi, anche se di breve durata.

Per camminare servono le mani.

Osservare le conquiste dei bambini soprattutto quando sono più piccoli è qualcosa che suscita stupore, meraviglia. Sappiamo che ciascun bambino ha in se il programma per acquisire le abilità necessarie per interagire e per conoscere il mondo. Se osserviamo le conquiste motorie constatiamo che il bambino progredisce gradualmente passando da una tappa all’altra secondo un ordine preciso: ad esempio prima di poter stare in piedi sarà in grado di stare seduto e di fare quei passaggi posturali che gli consentono di mettersi in piedi da solo. Ma una volta conquistata da solo la stazione eretta ecco che si serve delle mani per mantenerla, le usa per appoggiarsi al divano e alle sedie, sollevando le braccia le usa per mantenere l’equilibrio quando tenta i primi passi,
 le usa per non farsi male quando perde l’equilibrio e cade a terra, le usa per toccare gli oggetti con una mano mentre con l’altra si appoggia. Siamo sicuri che se lo teniamo noi adulti

Per capire ciò che leggi devi usare la memoria di lavoro

La memoria è una funzione che ci permette di ricordare cose passate e recenti. Ma c’è un’altra funzione collegata che è altrettanto importante e che si chiama memoria di lavoro. La memoria di lavoro è quella funzione che ci permette di trattenere a mente delle informazioni e modificarle secondo una data istruzione: se vi chiedo di ripetere 5 cifre nella stessa successione in cui le avete ascoltate (8-4-9-2-5) state facendo lavorare la memoria a breve termine, ma se vi chiedo di ripetere le cifre al contrario di come  le avete sentite, (5-2-….) state stressando la vostra “memoria di lavoro”. Se vi chiedo di segnare il mio numero di telefono state utilizzando la memoria di lavoro. E ancora, tra una serie di oggetti che vi faccio ascoltare mi dovete ripetere solo quelli che servono per mangiare. Non si tratta di ricordare e basta, ma mentre trattenete le informazioni ci lavorate su. Cosa fanno i bambini che stanno imparando a leggere?, se si trovano alle prese con la lettura di una parola di tre sillabe come “tavolo”, inizialmente leggeranno una sillaba alla volta, ta-vo-lo, e a mente, grazie alla memoria di lavoro, oltre che ricordare le sillabe appena lette le collegano, fanno cioè una sintesi sillabica, vi guardano e vi dicono con aria soddisfatta “tavolo”. Ma la memoria di lavoro

Non giudichiamo i bambini.

I bambini possono presentare nella loro storia una qualche difficoltà, più o meno grave, più o meno transitoria. Quando valutiamo questi bambini, o quando esprimiamo un giudizio su di loro, la nostra mente in modo sistematico e più o meno consapevole opera dei confronti tra come il bambino è e come secondo noi dovrebbe essere. E di conseguenza non siamo pienamente soddisfatti fino a quando non viene raggiunto quel dato obiettivo, quel comportamento, fino a quando non cammina da solo, fino a quando non inizia a parlare come gli altri bambini, o a scrivere come la compagnetta,
o ancora fino a quando non soddisfa i miei desideri. Fateci caso, abbiamo in testa dei nostri parametri di giudizio che si innescano nella nostra mente in automatico. E il bambino questo lo sente, anche quando le nostre parole dicono il contrario. Questo "continuo giudicare" non ci fa stare bene perché la realtà è appunto diversa da quella che desideriamo, anzi

La plasticità cerebrale

Il cervello è costituito da diverse parti, ognuno delle quali è per così dire specializzata a farci svolgere una determinata funzione. Ad esempio il lobo occipitale che si trova nella parte posteriore del cervello, è specializzato nella funzione della visione. Questa zona del cervello si sviluppa perché riceve stimoli visivi dall’ambiente e più correttamente tramite le fibre nervose che trasportano impulsi generati a livello della retina degli occhi. Questa zona del cervello se non ricevesse gli stimoli visivi non si svilupperebbe.  Il cervello si modifica nel tempo in base alle attività che svolgo. Se mi esercito con uno strumento musicale, la zona del cervello che è specializzata nell’ascolto della musica e nel suonare lo strumento si attiva con maggiore intensità, rispetto ai periodi precedenti in cui non mi fregava niente della musica.

I rischi della nascita prematura

I continui progressi dell’assistenza neonatologica hanno prodotto una diminuzione notevole della mortalità tra i bambini nati pretermine. Per quelli che non hanno danni neurologici evidenti è difficile fare previsioni sulle possibili conseguenze della prematurità sul loro sviluppo. I bambini che non presentano “danni neurologici maggiori” (paralisi cerebrali infantili) possono sviluppare disturbi specifici, cioè difficoltà a carico di alcune funzioni come la memoria o il linguaggio o l'attenzione, mantenendo comunque una capacità intellettiva nella norma. Alcuni bambini pretermine sono a rischio di sviluppare disturbi del linguaggio. (leggi qui), per gli effetti dell’interazione tra fattori biologici (“immaturità”) e adattamento all’ambiente. Le difficoltà di linguaggio possono interessare a vari livelli la fonologia, cioè la corretta produzione delle parole e la morfosintassi, cioè la corretta produzione delle frasi. Alcuni studi evidenziano che una buona comprensione di parole ed un uso di gesti comunicativi nel secondo anno di vita siano dei buoni indicatori del primo sviluppo verbale cioè vocabolario e prime combinazioni di parole. Altri bambini possono sviluppare una forma di disprassia. Ovviamente in tutti i casi è possibile individuare e intervenire precocemente su tutte le difficoltà.


Costruiamo le categorie

I bambini, fin da piccoli organizzano le loro conoscenze in categorie. Una categoria è ad esempio un gruppo di oggetti accomunati dalla stessa funzione. Oggetti diversi nella forma e nel colore appartengono alla stessa categoria perché svolgiamo con essi la stessa azione. Un bambino può capire che un piccolo contenitore rosso che non ha mai visto prima è una tazza nel momento in cui capisce che serve per bere, esattamente come la grande tazza bianca con i fiori che usa tutti i giorni. Il bambino intuisce l’azione perché la simula “nella sua testa” e in questo modo riesce ad astrarre una caratteristica che non è visibile: serve per bere. Due porte di colore diverso inducono nel cervello lo stesso piano motorio anche se sono differenti nel colore o nella dimensione. Così è bastato che qualcuno ci ha detto che quella tavola con la maniglia si chiama porta, per generalizzare questa conoscenza a tutte le porte

Il neonato imita.

Il bambino inizia a imitare molto presto, addirittura da neonato. Aprite la bocca e uscitegli la lingua, dategli un po’ di tempo e presto quell’esserino proverà a fare la stessa cosa. La cosa bella è che il neonato riesce a imitare anche se non sa ancora di avere una bocca e una lingua e non è in grado di osservarsi. Cioè per imitare non sta ad osservare voi e poi lui e ad aggiustare l’azione in base al confronto visivo. Lui, invece, riesce a confrontare un’”immagine visiva”, che è il vostro volto “buffo” con la lingua di fuori, con la sensazione della sua bocca che si apre e la lingua che si sposta in avanti. E’ in grado di imitare mettendo a confronto due sensazioni diverse: una visiva e una propriocettiva. Semplicemente fantastico. Lo fa. E guarda più a lungo tra vari ciucci quello che ha tenuto in bocca.Il neonato in posizione supina presto riuscirà a ruotare il capo e a orientarlo verso il volto della mamma  o verso qualcosa che fa odore del latte della propria mamma. E a soli 2 mesi inizia a sorridervi, a stabilire un contatto di sguardo e ad emettere suoni gutturali e a interagire come delle persone separate da voi.
Si è addirittura osservato che feti gemelli nella pancia della mamma presentano gesti diversi dal solito, nella forma, se sono orientati a “entrare in contatto” con il  fratellino. E’ proprio vero che siamo programmati per stare con gli altri. E grazie a questo programma il neonato può entrare in contatto con chi si prende cura di lui.  E in questo modo può finalmente "rinascere",

perché non voglio giocare con te

I bambini con disturbo dello spettro autistico non interagiscono con le persone che incontrano, nel modo che sperimentiamo noi, perché non sentono cosa vuole o cosa prova l’altra persona. Non riescono a cogliere le “mille espressioni” che regolano le nostre interazioni. E ancora non riescono a capire che il comportamento che abbiamo può variare a seconda del contesto in cui ci troviamo: al bar, al supermercato, dal dottore, al cinema, ecc. E ciò che è compromessa, ma in misura diversa per ciascun bambino, è non solo la capacità di relazione in se, ma anche la possibilità fin dalla nascita di uno sviluppo regolare di tutte quelle abilità che concorrono a farci diventare competenti sul piano sociale: lo sguardo, l’attesa e il rispetto del turno, l’attenzione e l’emozione condivisa, ecc. Per loro è davvero difficile interpretare i nostri sguardi, le nostre espressioni, le differenti intonazioni della voce, la diversa modulazione mimica, le intenzioni, i desideri e le opinioni, perché ci sono innumerevoli variabili.

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